sabato 20 maggio 2023

Transumanza

 


VITA IN MONTAGNA

La transumanza


In tempi passati fino ai primi degli anni ’60 nella nostra zona il fenomeno della transumanza era molto praticato. È importante sapere che questo evento era considerato un momento di festa per coloro che la praticavano, ed il gregge veniva preparato al meglio al punto che nei paesi si doveva sentire il loro passaggio. Questa era l’occasione in cui gli animali dovevano fare bella figura, gli venivano messi i migliori campani e squille, con collari rimessi a nuovo guarniti con borchie luccicanti e pon pon di lana colorati.  

Dalle nostre parti un tempo le persone che abitavano in montagna per sfamarsi, oltre a coltivare il terreno, allevavano animali da cortile e in stalla, erano contadini mezzadri o dipendenti di famiglie importanti, queste possedevano poderi sia al piano che in montagna, oppure c’erano i contadini con un proprio terreno e attività. Importante in quella realtà ed una ricchezza per sfamarsi, era la raccolta delle castagne in autunno e l’allevamento anche se pur piccolo di un gregge di pecore. A fine inverno nelle zone montane però il fieno andava a scarseggiare ed i pastori per continuare a nutrire gli animali erano costretti a trasferirsi in pianura, utilizzando strade mulattiere, sentieri o viuzze, non esisteva ancora la strada rotabile che collegava la montagna con la città, alcune di queste sono ancora in essere. Iniziava così la transumanza dalle zone montane al piano alla ricerca di nuovi pascoli. Nelle nostre zone questo avveniva nel periodo primaverile, in genere prima di Pasqua.

Per i pastori che partivano da Renaio, Bacchionero, Sommocolonia, Montebono e zone limitrofe era consuetudine fare la transumanza al piano ai rispettivi poderi di anno in anno, il tempo di percorrenza si limitava a qualche ora di cammino a piedi, avendo al seguito del bestiame un paio di persone come aiuto a seconda della consistenza del gregge ed al massimo un mulo per il trasporto della poca attrezzatura (se non veniva portata a spalla).  Questi poderi si trovavano in Pian Grande su Barga, nella piana di Filecchio e nella piana di Pieve Fosciana, quest’ultimo il tragitto più distante.   Questi poderi offrivano agli allevatori oltre al foraggio fresco la rinomata erba lupina, un alloggio come abitazione  dove veniva trasformato anche il latte. La primavera era dunque il momento migliore per la produzione del formaggio, sia quello da stagionare sia quello da mangiare fresco, perché i campi erano ricchi di germogli ed erbe fresche, utili a dare quel gusto gradevole al latte per produrre il formaggio o cacio primaverile. Da sapere che aveva la sua rilevanza anche la scotta (il siero residuo della ricotta), presa a colazione era considerata un toccasana per depurarsi. C’era gente che andava a prenderla con il fiasco, altri invece che portavano il pane per fare colazione direttamente lì sul posto.



Era uso che il pastore pagasse tanto a staio l’erba lupina che consumavano gli animali (1 staio equivaleva a 1.000 m2), questo avveniva in denaro o con prodotti di propria produzione, vedi formaggio ma anche la lana era molto richiesta. Il foraggio necessario per il bestiame poteva provenire dalla tenuta ospitante, ma poteva essere fornito anche da altri contadini. Ed anche il concime, il cosiddetto stallatico rimaneva ai poderi che avevano offerto il foraggio e sarebbe andato a fertilizzare i prati per la nuova semina.

Il gregge faceva ritorno a casa a maggio. Ma ripartiva quasi subito per l’alpeggio sull’Appennino Tosco Emiliano.

Dopo gli anni 60 con l’avvento del boom economico ci furono dei cambiamenti drastici, la montagna cominciò a spopolarsi, i contadini si trasferirono nel piano e gran parte di loro cambiarono lavoro e quelli che continuarono l’attività mutarono il metodo di lavoro. Anche i pastori si erano adeguati ai tempi moderni, gli ovili vennero costruiti nel piano e in collina e la transumanza si modificò, i greggi partivano di giugno per l’alpeggio sull’Appennino, per poi ritornare in basso a fine settembre. In questo modo gli animali in questo periodo brucavano erba fresca sulla nuda ed i pastori ne approfittavano per raccogliere il fieno in pianura da utilizzare per l’inverno.



Sulla nuda gli animali vagavano liberi ed indisturbati senza nessun controllo a seguito, i pastori solo nel tardo pomeriggio li tornavano a riprendere per riportarli nei rispettivi ovili per la notte. La mattina successiva, le pecore dopo essere state munte venivano rilasciate libere. 



Allo stato attuale sul nostro territorio l’attività di allevamento si è molto ridotto e di conseguenza anche la transumanza sta andando a scomparire. Positivo il fatto che chi sta portando avanti quest’attività siano persone giovani.


1 commento:

  1. Molto interessante, grazie.
    Mi accorgo di essere veramente, anzi vergognosamente ignorante su questi argomenti, che ritornano ad essere vitali anche per il nostro territorio. La cura e l'attenzione alle nostre montagne dovrebbe essere sempre più stimolata, soprattutto fra i giovani.

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