VITA IN MONTAGNA
La transumanza
In tempi passati fino ai primi
degli anni ’60 nella nostra zona il fenomeno della transumanza era molto
praticato. È importante sapere che questo evento era considerato un
momento di festa per coloro che la praticavano, ed il gregge veniva preparato
al meglio al punto che nei paesi si doveva sentire il loro passaggio. Questa era
l’occasione in cui gli animali dovevano fare bella figura, gli venivano messi i
migliori campani e squille, con collari rimessi a nuovo guarniti con borchie
luccicanti e pon pon di lana colorati.
Dalle nostre parti un tempo le
persone che abitavano in montagna per sfamarsi, oltre a coltivare il terreno,
allevavano animali da cortile e in stalla, erano contadini mezzadri o
dipendenti di famiglie importanti, queste possedevano poderi sia al piano che
in montagna, oppure c’erano i contadini con un proprio terreno e attività.
Importante in quella realtà ed una ricchezza per sfamarsi, era la
raccolta delle castagne in autunno e l’allevamento anche se pur piccolo di un
gregge di pecore. A fine inverno nelle zone montane però il fieno andava a
scarseggiare ed i pastori per continuare a nutrire gli animali erano costretti
a trasferirsi in pianura, utilizzando strade mulattiere, sentieri o viuzze, non
esisteva ancora la strada rotabile che collegava la montagna con la città, alcune
di queste sono ancora in essere. Iniziava così la transumanza dalle zone
montane al piano alla ricerca di nuovi pascoli. Nelle nostre zone questo avveniva
nel periodo primaverile, in genere prima di Pasqua.
Per i pastori che partivano da
Renaio, Bacchionero, Sommocolonia, Montebono e zone limitrofe era consuetudine
fare la transumanza al piano ai rispettivi poderi di anno in anno, il tempo di
percorrenza si limitava a qualche ora di cammino a piedi, avendo al seguito del
bestiame un paio di persone come aiuto a seconda della consistenza del gregge
ed al massimo un mulo per il trasporto della poca attrezzatura (se non veniva
portata a spalla). Questi poderi si trovavano in Pian Grande su
Barga, nella piana di Filecchio e nella piana di Pieve Fosciana, quest’ultimo
il tragitto più distante. Questi poderi offrivano agli
allevatori oltre al foraggio fresco la rinomata erba lupina, un alloggio come
abitazione dove veniva trasformato anche il latte. La primavera era dunque il
momento migliore per la produzione del formaggio, sia quello da stagionare sia
quello da mangiare fresco, perché i campi erano ricchi di germogli ed erbe
fresche, utili a dare quel gusto gradevole al latte per produrre il formaggio o
cacio primaverile. Da sapere che aveva la sua rilevanza anche la scotta (il
siero residuo della ricotta), presa a colazione era considerata un toccasana
per depurarsi. C’era gente che andava a prenderla con il fiasco, altri invece
che portavano il pane per fare colazione direttamente lì sul posto.
Era uso che il pastore pagasse tanto
a staio l’erba lupina che consumavano gli animali (1 staio equivaleva a 1.000 m2),
questo avveniva in denaro o con prodotti di propria produzione, vedi formaggio
ma anche la lana era molto richiesta. Il foraggio necessario per il bestiame poteva
provenire dalla tenuta ospitante, ma poteva essere fornito anche da altri
contadini. Ed anche il concime, il cosiddetto stallatico rimaneva ai poderi che
avevano offerto il foraggio e sarebbe andato a fertilizzare i prati per la
nuova semina.
Il gregge faceva ritorno a casa a
maggio. Ma ripartiva quasi subito per l’alpeggio sull’Appennino Tosco Emiliano.
Dopo gli anni 60 con l’avvento
del boom economico ci furono dei cambiamenti drastici, la montagna cominciò a
spopolarsi, i contadini si trasferirono nel piano e gran parte di loro
cambiarono lavoro e quelli che continuarono l’attività mutarono il metodo di
lavoro. Anche i pastori si erano adeguati ai tempi moderni, gli ovili vennero
costruiti nel piano e in collina e la transumanza si modificò, i greggi
partivano di giugno per l’alpeggio sull’Appennino, per poi ritornare in basso a
fine settembre. In questo modo gli animali in questo periodo brucavano erba
fresca sulla nuda ed i pastori ne approfittavano per raccogliere il fieno in
pianura da utilizzare per l’inverno.
Sulla nuda gli animali vagavano liberi ed indisturbati senza
nessun controllo a seguito, i pastori solo nel tardo pomeriggio li tornavano a riprendere
per riportarli nei rispettivi ovili per la notte. La mattina successiva, le
pecore dopo essere state munte venivano rilasciate libere.
Allo stato attuale sul nostro
territorio l’attività di allevamento si è molto ridotto e di conseguenza anche
la transumanza sta andando a scomparire. Positivo il fatto che chi sta portando
avanti quest’attività siano persone giovani.